Riprendo ad avvicinarmi all’incrocio tanto agognato ieri mentre fiocchi di neve grossi come batuffoli di cotone continuano a cadere. Guido a quasi venti chilometri all’ora, un record rispetto a quanto fatto finora, destinato a salire dato che la pendenza aumenta e mi rendo conto in questo istante che l’incrocio è a T e io non riesco a rallentare. Non riesco ad alzare il piede destro per metterlo sulla leva del freno posteriore, azionare l’anteriore sarebbe forse più pericoloso, così cerco di spostarmi sulla neve fresca presente in mezzo all’incrocio, sperando mi rallenti, per poi guardare velocemente a destra e a sinistra e finire la mia corsa nel fosso, stracolmo di neve. Per fortuna non arrivava nessuno. Non riesco a tirar fuori la moto, e se non la tengo su non resta in piedi. Vedo arrivare un’automobile, attiro la loro attenzione muovendo un braccio. Rallentano. “Can you help me?” Scendono due ragazzi giovani, sorridenti. “Cosa ci fai qui?” mi chiede, in inglese, quello che era alla guida. Gli spiego velocemente di come sono sceso da una pista da sci di cinque chilometri in un’ora, quando con gli sci o la tavola avrei impiegato, che ne so, venti minuti, e insieme spingiamo indietro la moto. Sono gentilissimi e me la tengono su mentre ci salgo sopra, arrivano altre auto, ma non ho più visto nemmeno una moto.