Recinzioni altissime, filo spinato: l’impressione è quella di essere arrivati nei pressi di un carcere, e il tassista si ferma proprio lì davanti. Gli faccio notare che probabilmente si è sbagliato, ma l’indirizzo è corretto, improvvisamente vengo assalito dalla paura che l’istituto sia in realtà un campo di concentramento per bambini.
Superato il cancello di sicurezza, la struttura si presenta in modo decisamente migliore rispetto a come l’avevo immaginata da fuori. Enormi edifici colorati si dividono lo spazio con campi di terra battuta, cotti dal sole.