Oggi entrerò in Russia per la terza volta in moto, la seconda quest’anno, ma superare una frontiera come questa è sempre un momento emozionante. Prima però devo uscire dall’Ucraina. Non ci sono documenti da compilare, basta un timbro nel passaporto. Aspetto il mio turno sotto la tettoia fuori degli sportelli, quando un poliziotto sembra non voler credere al fatto che io stia viaggiando in moto in questo periodo dell’anno. Parla solo russo, ma penso di riuscire a interpretare abbastanza bene quello che mi chiede.
“Dove stai andando?”
“A Mosca?”
“In moto? Ma non hai freddo?”
“Sì, ma ho le calze e il sottogiacca che si scaldano, quindi riesco a sopportare abbastanza bene”.
Vorrei fargli sentire che dentro la giacca sono caldo. Gli faccio segno di mettermi una mano dentro il giubbotto, ma non capisce. Probabilmente è meglio così.
“Pacimu?”
“Che cosa?”
“Perché: perché vai a Mosca in inverno?”
“Vado a trovare degli amici per passare il Capodanno.”
Mi fa un’altra domanda, ma proprio non riesco a capire cosa intenda.