Entriamo al ristorante, proseguendo con le abbondanti risate tanto da farci venir male alle guance senza l’aiuto di ulteriori bevande alcooliche. Max è l’unico a parlar bene inglese, ma l’intesa è ottima fra tutti e quattro. In realtà sostiene che anche Pavel riuscirebbe a parlare in inglese, ma si vergogna troppo. Incredibile, un omaccione così grosso e tutto d’un pezzo! Forse è davvero in difficoltà ma non saprei come aiutarlo. In mezzo a tutto ciò, insistono nell’insegnarmi qualche parolaccia in russo: di solito preferisco evitare questa pratica, per paura di memorizzarle e confonderle poi con altre parole, e per non correre il rischio di pronunciarle in situazioni non opportune. Dicono invece che sia necessario, per capire meglio alcuni loro sfottò. Per loro è normalissimo, tra amici, mandarsi a quel paese anche con espressioni pesanti. Ciò che fa la differenza è il tono con cui la frase viene pronunciata, non le parole.